Nel 2020, l’ingresso dei Bon Jovi nella Rock & Roll Hall of Fame ha reso onore a un progetto che, a forza di numeri da capogiro, ha segnato l’evoluzione di un sound accattivante e melodico con vocazione da stadio, accolto appieno dal pop. Figlia della classe operaia del New Jersey, la band ha fin da subito goduto dello spirito d’intraprendenza del frontman, da cui prende il nome e che nel 1983 ha sfruttato l’impiego ai Power Station Studios di Manhattan per incidere ‘Runaway’ con un gruppo spalla, sostituito immediatamente da una nuova formazione: Alec Such al basso, Tico Torres alla batteria e Richie Sambora alla chitarra, responsabile principale di quei riff monumentali alla base di una ricetta intrisa nel gusto per l’impatto colossale. È al terzo tentativo, con Slippery When Wet (1986) e la complicità di una heavy rotation nel palinsesto di MTV, che la perfetta intesa dei membri trova riscontro in classifica. Reso coerente da una produzione propulsiva e dilagante, il mix di ballate sentimentali e inni periferici porta in alto singoli mitologici come ‘Livin’ On a Prayer’ e ‘You Give Love a Bad Name’. Dopo la consacrazione del 1988 con il classico dell’hard New Jersey, l’intuito per i trend ha consentito a Jon Bon Jovi e soci di accostarsi ad alternativa, dance e country senza mai tradire la propria natura, superando carriere soliste, lutti e abbandoni con successi epocali del calibro di ‘Always’ (1994), ‘It’s My Life’ (2000) o ‘Have a Nice Day’ (2005).