Capaci di suonare sempre contemporanei, i Depeche Mode hanno stabilito un modello per la musica sintetica, diventando un’ispirazione per scene agli antipodi, dall’alt-rock alla techno. - A fine anni ’70, Martin Gore, Vince Clarke e Andrew Fletcher assoldano Dave Gahan come cantante di un progetto a trazione elettronica: inciso su un 8 piste, lo scanzonato Speak & Spell (1981) li lancia sulla scia di ‘Just Can’t Get Enough’. - L’uscita di Clarke fa di Gore il regista di un’estetica cupa e malinconica, espressa in forma embrionale nel 1982 da A Broken Frame, pervaso dal contrasto termico tra voce e basi. - Spinta dall’ingresso di Alan Wilder, la ricerca su ritmi e campioni si intensifica in lavori dominati da oscura sensualità, stratificazione e devozione alla tecnologia, cifre di Black Celebration (1986). - Nel 1988, il memorabile concerto al Rose Bowl di Pasadena dà al titolo dell’album Music for the Masses (1987) il senso di una premonizione sull’avvento di un synth pop da stadio. - Il connubio tra scrittura e un sound design in equilibrio tra strumenti e macchine tocca l’apice in Violator (1990), in cui spiccano ‘Enjoy The Silence’ e ‘Personal Jesus’. - Dopo l’abbandono di Wilder, la band conferma la formula ma dà più spazio a Gahan nella composizione dei testi ed esplora nuovi territori in LP come Exciter (2001), Sounds Of The Universe (2009) o Spirit (2017). - Nel 2020, il gruppo entra nella Rock & Roll Hall of Fame.