Cantautore, scrittore e insegnante, Roberto Vecchioni (Carate Brianza, 1943) ha inciso il proprio nome a caratteri cubitali nella storia della canzone italiana, facendo leva su una spiccata vena narrativa e poetica che gli permette di oscillare con disinvoltura tra sentimenti profondi, temi sociali e momenti di pungente ironia. Dopo essersi fatto le ossa negli anni ’60 al servizio di voci già affermate quali Ornella Vanoni e Iva Zanicchi, debutta ufficialmente anche in veste di interprete nel 1971, quando la scaletta di Parabola regala al pubblico il classico senza tempo ‘Luci a San Siro’. Se nel 1973 si presenta per la prima volta al Festival di Sanremo con le atmosfere malinconiche di ‘L’uomo che si gioca il cielo a dadi’, la vera consacrazione arriva nel 1977, sull’onda del successo torrenziale di Samarcanda. Montecristo (1980) e Milady (1989) confermano l’efficacia di una formula colta ma popolare, che ottiene un’importante validazione con la vittoria di ‘Voglio una donna’ al Festivalbar del 1992. In un nuovo millennio disseminato di esperienze extramusicali, il 2011 si dimostra un’altra annata d’oro: ‘Chiamami Ancora Amore’ trionfa sul palco dell’Ariston e si aggiudica il premio della critica. È il giusto coronamento di una carriera lunga, fertile e ricca di soddisfazioni, che continua a produrre album di inediti (L’infinito, 2018) e lampi estemporanei, come l’omaggio a Francesco Guccini in coppia con Emma (‘Autunno’, 2020).